Una lavoratrice divenuta inidonea alla mansione di autista di autobus a seguito di un infortunio sul lavoro veniva licenziata nel 2017 asseritamente per impossibilità di essere ricollocata altrove. L’impossibilità di essere adibita ad altra mansione veniva ricondotta dal datore di lavoro al non aver superato le selezioni interne reputate obbligatorie in quanto società a capitale pubblico ed esercente un servizio pubblico.
Il giudice del primo grado ribaltando l’ordinanza della fase sommaria aveva dichiarato legittimo il licenziamento rigettandone l’impugnazione.
La Corte d’Appello di Bologna in totale riforma della sentenza impugnata annulla il licenziamento in quanto il TU sulle società a partecipazione pubblica opera un “riferimento al solo reclutamento e non piuttosto alle progressioni interne ovvero alla assegnazione di mansioni all’interno del medesimo livello di appartenenza”.
Nell’argomentazione della Corte, divengono dirimenti per la decisione del caso gli articoli 42 del D. Lgs. 8 del 2008 e 4 co. 4 della l. 68/99 che prevedono che, in caso di inidoneità alla mansione specifica, il datore di lavoro debba adibire il lavoratore ad altre mansioni equivalenti o, in difetto, inferiori.
Tali ultime norme costituiscono una deroga ex lege all’eventuale regolamento aziendale che inibisca il repechage per l’omessa partecipazione a delle selezioni interne, “non essendo questa contemplata tra le possibili condizioni escludenti il ripescaggio”.
La Corte, coerentemente con i precedenti di merito e di legittimità, ribadisce come l’allegazione e la prova dell’impossibilità di repechage del dipendente licenziato incombe sulla società senza alcun onere di allegazione dei posti assegnabili in capo al lavoratore. Rispetto al caso di specie, la Corte segnala che, benché l’istruttoria del primo grado avesse avuto ad oggetto le mansioni passibili di attribuzione alla lavoratrice, le allegazioni di parte datoriale si appalesassero “carenti rispetto all’onere dimostrativo della assenza di possibilità di operare il repechage”.
In conclusione, la tutela da apprestare alla lavoratrice per il licenziamento illegittimo subito deve essere quella del 7° comma dell’art. 18 l. 300/70 che espressamente prevede l’applicazione delle tutele di cui al comma 4 (reintegrazione) qualora vi sia difetto di giustificazione “anche ai sensi dell’art. 4 co. 4 e art. 10 co. 3 della l. 68/99 per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore”.