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Corte d'Appello di Bologna > Infortunio
Data: 13/12/2007
Giudice: Varriale
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 781/06
Parti: My Ghef srl / Daniela B + 1
RISARCIMENTO DANNI DA INFORTUNIO SUL LAVORO – ONERE DELLA PROVA – AVVENUTO ADEMPIMENTO DELL’OBBLIGO EX ART. 2087 C.C. - GRAVA SUL DATORE – SUA RESPONSABILITA’ ANCHE PER INCIDENTI ASCRIVIBILI A COLPA DEL LAVORATORE


Art. 2087 c.c.

Art. 2697 c.c.

Art. 437 c.c.

La Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Parma n. 186 del 3.10.2003 che aveva condannato la società datrice di lavoro a risarcire i danni alla propria dipendente - che in orario di lavoro, mentre stava pulendo i vetri di una finestra, era caduta dalla scala che stava utilizzando - rigettando altresì la domanda di garanzia proposta da detta società nei confronti della propria compagnia assicuratrice. In particolare la società appellante con il primo motivo ha dedotto che erroneamente il Tribunale ha imputato alla stessa la responsabilità dell’evento lesivo subito dalla lavoratrice, senza alcuna prova specifica, ma sulla scorta di mere presunzioni, nonché ritenendo la scala insidiosa e non a norma, senza però precisare quali fossero le caratteristiche che avrebbe dovuto avere e trascurando che la stessa lavoratrice, nel ricorso introduttivo del giudizio, aveva precisato che la scala presentava tutti i requisiti di sicurezza stabiliti dalle norme antinfortunistiche e che quindi l’infortunio si era verificato per un’imprudenza della lavoratrice, ovvero per negligenza di quest’ultima che non aveva indossato le scarpe antiscivolo. La Corte – dopo avere richiamato la giurisprudenza secondo cui “l’art. 2087 c.c. impone all’imprenditore l’obbligo fondamentale (sussidiario rispetto alle prescrizioni di specifiche norme antinfortunistiche) di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, sicché qualora si verifichi l’infortunio sul lavoro incombe al datore l’onere di provare l’avvenuto adempimento di tale obbligo(Cass. 6.9.,1995 n. 9401; Cass. 4.7.2000 n. 8944) – ritiene il motivo infondato, non avendo la società provato di aver fornito le scarpe antiscivolo alla lavoratrice, né di aver vigilato sulla relativa utilizzazione: al riguardo, infatti, la Suprema Corte ritiene che “il datore di lavoro è responsabile dei danni subiti dal proprio dipendente non solo quando ometta di adottare idonee misure protettive, ma anche quando ometta di controllare e vigilare che di tali misure sia fatto effettivamente uso anche da parte dello stesso dipendente” (Cass. 25.5.2006 n. 12445; Cass. 13.10.2000 n. 13690; Cass. 21.5.2002 n. 7454) ed ha più volte ribadito che “le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni del lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivati dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivili a imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso” (Cass. 6.8.2003 n. 11895; Cass. 24.3.2004 n. 5920; Cass. 8.3.2006 n. 4980). Il principio è stato ribadito anche da Cass. 4.12.2007 n. 25260.

La Corte respinge altresì anche il secondo motivo di gravame - con cui la società aveva censurato l’impugnata sentenza nella parte in cui aveva rigettato la sua domanda di manleva, contestando che le condizioni generali della polizza prevedevano la copertura del danno biologico senza alcuna franchigia ed allegando all’appello copia delle suddette condizioni– rilevando che tale eccezione era nuova, perché non sollevata nel primo grado del giudizio, e quindi vietata ai sensi dell’art. 437 c.p.c. (Cass. 7.10.1999 n. 11252; Cass. 8.1.2002 n. 126; Cass. 6.7.2002 n. 9855) e che in ogni caso all’appellante era comunque preclusa la prova di tale fatto, essendo inammissibile la produzione di nuovi documenti (Cass. SS.UU 20.4.2005 n. 8203).