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Corte d'Appello di Bologna > Mobilità
Data: 25/08/2003
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 239/03
Parti: Scarpitalia s.r.l. / INPS
BENEFICI CONTRIBUTIVI EX LEGGE N. 223/91 - INAPPLICABILITA' IN IPOTESI DI FITTIZIE E PREORDINATE INTERRUZIONI DEI RAPPORTI LAVORATIVI - ACCORDO SINDACALE: IRRILEVANZA


A seguito di una procedura di mobilità conclusasi con accordo sindacale relativo al collocamento in mobilità di 29 lavoratori con riconoscimento di una indennità risarcitoria, sedici dipendenti venivano successivamente riassunti da una società neo costituita che subentrava ad altra società che nel frattempo aveva sottoscritto un contratto di affitto d'azienda con la società che aveva messo in atto la procedura di mobilità. Il Tribunale del lavoro di Piacenza prima - e la Corte d'Appello di Bologna successivamente, a seguito di gravame, con la sentenza che qui si riporta - hanno negato il diritto al riconoscimento dei benefici contributivi previsti dalla legge n. 223/1991 sul presupposto che, anche secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. n. 2443/00; n. 4825/01; n. 6315/01; n. 8800/01; n. 15652/01; n. 15207/02) essi sono dovuti solo ove "venga accertato che la situazione di esubero del personale posto in mobilità sia effettivamente sussistente e che l'assunzione di detto personale da parte di una nuova impresa risponda a reali esigenze economiche e non concretizzi invece condotte elusive degli scopi legislativi finalizzate al solo godimento degli incentivi, mediante fittizie e preordinate interruzioni dei rapporti lavorativi". Ne consegue, secondo i giudici della Corte d'Appello, che, ove l'azienda - intesa come complesso organizzato non solo di mezzi, ma anche di lavoratori stabilmente addetti ad essa - abbia continuato - o comunque riprenda - ad operare (non rilevando né che il titolare sia lo stesso imprenditore né lo strumento negoziale attraverso cui si sia verificata la cessione totale o parziale dell'azienda) la prosecuzione o la riattivazione del rapporto di lavoro presso il nuovo datore di lavoro costituiscono non la manifestazione di una libera opzione del datore di lavoro, ma l'effetto di un preciso obbligo previsto dalla legge (art. 2112 cod. civ. così come modificato dall'articolo 47 della legge n. 428/90 e dal Dlgsl. N. 18/01) il cui adempimento non giustifica l'attribuzione dei benefici contributivi in argomento, non traducendosi in un reale incremento occupazionale. Né assume rilievo l'eventuale raggiungimento di un accordo sindacale, "perché un simile accordo può derogare gli effetti voluti dal citato art. 2112 cod. civ. soltanto nella particolare ipotesi prevista dal quinto comma dell'art. 47 della legge n. 428 del 1990". Una conferma della correttezza di una simile rigorosa interpretazione della legge la si può rinvenire - sempre a parere della Corte - nell'art. 2 della legge n. 451/94, che esclude il diritto agli sgravi qualora i lavoratori collocati in mobilità vengano assunti al lavoro da un'impresa che, all'atto del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con l'impresa che assume ovvero risulti con questa in rapporto di collegamento o controllo. Nel valutare il caso concreto, ed in particolare la tempistica complessiva che ha connotato la procedura di mobilità, la Corte ha considerato quest'ultima "lo strumento tecnico" per realizzare il passaggio di parte del personale alle dipendenze della società affittuaria, ritenendo che l'interruzione del rapporto di lavoro dei sedici dipendenti fosse preordinata al fine di consentire alla società affittuaria dell'azienda di beneficiare delle agevolazioni contributive previste dalla legge n. 223/91, anche perché "non si era verificato un incremento della produzione e, per l'effetto, un abbassamento del livello di disoccupaziones