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Corte d'Appello di Bologna > Dimissioni
Data: 06/03/2008
Giudice: Varriale
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 669/07
Parti: FILTEA-CGIL - UILTA-UIL e FEMCA-CISL/ Falber Confezioni SpA
DIMISSIONI - SITUAZIONE DI TRANSITORIA INCAPACITA’ DI INTENDERE E DI VOLERE – VIZIO DEL CONSENSO - SUSSISTENZA.


Art. 428 Cod. Civ.

Art. 2087 Cod. Civ.

Art. 2043 Cod. Civ.

Art. 1226 Cod. Civ.

 

Una lavoratrice impugnava le proprie dimissioni deducendo di averle rese in una condizione di grave perturbamento psichico e scoramento morale tale da impedirle una libera formazione della volontà, con grave pregiudizio essendosi trovata senza lavoro e senza il diritto alla pensione.

Le pretese della lavoratrice venivano rigettate sia in primo che in secondo grado, rispettivamente dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Ancona.  La Suprema Corte successivamente adita dalla lavoratrice, con sentenza n. 515 del 15.1.2004, cassava con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, la pronuncia anconetana ricordando che la situazione, anche transitoria, di incapacità di intendere e volere del dichiarante, da qualsiasi causa dipendente, comporta l’annullamento del negozio giuridico unilaterale, ancorché recettizio, pur in mancanza della sua riconoscibilità da parte del soggetto destinatario dell’atto, sempre che sussista il grave pregiudizio per il suo autore (Cass. 14.5.2003 n. 7485, Cass, 28.3.2002 n. 4539, Cass. 8.8.1997 n. 7344), potendo la prova dell’incapacità naturale essere data con ogni mezzo o in base a indizi e presunzioni (cfr. pure Cass. 23.2.1995 n. 2085; Cass. 7.4.200 n. 4344; Cass. 26.11.1997 n. 11833) ovvero anche attraverso il dato induttivo costituito dalle condizioni del soggetto antecedenti o successive al compimento dell’atto pregiudizievole (Cass. 6.8.1990 n. 7914; Cass. 16.3.1990 n. 2212).

La Cassazione richiamava inoltre il proprio orientamento secondo il quale l’annullamento delle dimissioni per incapacità naturale, pur comportando il ripristino del rapporto, non implica il diritto del dimissionario alle retribuzioni perdute tra la data delle dimissioni e quella della sentenza e cassava la sentenza della Corte d’Appello di Ancona in quanto non aveva indagato in maniera sufficiente in ordine all’incidenza dell’incapacità naturale della lavoratrice sulla determinazione di rassegnare le dimissioni.

La lavoratrice riassumeva la causa innanzi alla Corte d’Appello di Bologna che, espletata una CTU medico legale sulle condizioni psichiche della lavoratrice, riforma la sentenza della Corte d’Appello di Ancona, richiamando i principi affermati dalla Cassazione, annulla le dimissioni e condanna la società convenuta al ripristino del rapporto di lavoro ed al pagamento delle spese legali relative all’intero giudizio sia per i gradi di merito che per quelle di legittimità, nonché delle spese di CTU.