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Corte d'Appello di Bologna > Processo
Data: 31/07/2009
Giudice: D’Amico
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 862/09
Parti: Calogero D. / Poste Italiane S.p.a.
LETTURA DEL DISPOSITIVO ALL’UDIENZA SUCCESSIVA A QUELLA DELLA DISCUSSIONE - NULLITA’ DELLA SENTENZA: INSUSSISTENZA - LICENZIAMENTO ORALE - RIPARTIZIONE DELL’ONERE DELLA PROVA.


Art. 429 c.p.c.

Art. 2697 c.c.:

 

La Corte d’Appello di Bologna affronta il caso del licenziamento orale (e/o presunte dimissioni) in un ipotesi di recesso anticipato da un contratto a tempo determinato triennale, confermando la decisione di primo grado del Tribunale di Reggio Emilia favorevole alla lavoratrice.  Preliminarmente i giudici di secondo grado affrontano l’eccepita nullità della sentenza del Tribunale per essere stato il dispositivo letto in udienza successiva a quella di discussione orale, richiamando Cass., 14-7-2006 n. 16114 e Cass 18-2-1998 n. 1729, secondo cui "nel rito del lavoro non determina nullità della decisione e del procedimento la lettura del dispositivo in altra udienza successiva a quella di discussione della causa" (v. anche Cass., 24-3-2004 n. 5877, ove l'ulteriore rilievo che tale lettura costituisce una mera irregolarità con riguardo alla prevista concentrazione delle attività di discussione e decisione della causa) ancorché "l'art. 429 primo comma c.p.c. per il giudizio di primo grado e l'art. 437 primo comma per il giudizio d'appello dispongano che il giudice dia lettura del dispositivo nella stessa udienza di discussione e ciò sia perché tale irregolarità non impedisce all’ atto di raggiungere il suo scopo (art. 156 ultimo comma c.p.c.) (…) sia in relazione al generale principio di conservazione degli atti, applicabile anche al processo del lavoro, atteso che le esigenze di rapidità peculiari a tale speciale processo inducono a restringere le ipotesi di invalidità ai casi in cui la violazione delle norme processuali comporti una insanabile violazione dei diritti di difesa, come nel diverso caso di omessa lettura del dispositivo, che determina invece la nullità insanabile della sentenza per la mancanza di un requisito ,formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto (cf. Cass. n, 5818 del 1997, Cass, n. 6427 del 1996)".

Per quanto concerne la problematica del licenziamento orale, la Corte ricorda come - a seguito della legge n. 604/66 (modificata dalla legge n. 108/90) - mentre per il licenziamento è necessaria la forma scritta, per le dimissioni sono, per converso, vigenti le originarie previsioni codicistiche: le dimissioni del lavoratore sono valide ed efficaci anche se presentate oralmente (salvo non vi sia una diversa disposizione del CCNL). Può allora accadere che, al prestatore di lavoro che agisce in giudizio per far dichiarare l'illegittimità di un asserito licenziamento orale, il datore opponga che il rapporto si è in realtà estinto a seguito delle sue dimissioni verbali. Per sciogliere il dilemma tra licenziamento e dimissioni orali, originariamente la S.C. ha fatto ricorso alla regola di giudizio consacrata nell'art. 2697 c.c.: actore non probante, reus absolvitur. Come è stato osservato, tuttavia, in tale soluzione è insito un "errore logico e giuridico”, ovvero "ritenere che se il lavoratore non dimostra il licenziamento, siano per ciò stesso provate le sue dimissioni, cioè un altro fatto del tutto diverso, un distinto negozio di recesso"; né, d'altra parte, tale conclusione è giustificata "per esclusione", id estconsiderando pacifico tra le parti che il rapporto ha avuto fine in un determinato momento, poiché le parti, in realtà, "non «concordano» affatto sull'esistenza di un recesso, ma ciascuna afferma (senza dimostrarlo) il recesso dell'altra, negando il proprio,onde l'allegazione, non sufficientemente provata, di contrapposte cause di cessazione dovrebbe indurre a ritenere che il rapporto in realtà non si è mai risolto, a constatare la mera non esecuzione del rapporto”.

Successivamente - osserva la Corte d’Appello - con orientamento costante la S.C. (v., tra le altre, Cass., 20-5-2005 n. 10651), ha affermato che "allorquando il lavoratore deduca di essere stato licenziato oralmente e faccia valere in giudizio la inefficacia o invalidità di tale licenziamento, chiedendo la condanna del datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni fino alla riammissione in servizio, mentre il datore di lavoro deduca la sussistenza invece di dimissioni del lavoratore" l'indagine del giudice di merito deve essere"particolarmente rigorosa, data la rilevanza dell'accertamento rimessogli (incidente su beni giuridici formanti oggetto di tutela privilegiata da parte dell'ordinamento) e tenere adeguato conto del complesso delle risultanze istruttorie significative ai  fini in esame. in relazione anche all’ esigenza di rispettare non solo il primo comma dell&