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Tribunale di Bologna > Processo
Data: 11/11/2010
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 422/2010
Parti: Alessandra B. – SERENISSIMA RISTORAZIONE Spa
MANCATA INDICAZIONE DEL CCNL APPLICABILE: NULLITA’ DEL RICORSO: INSUSSISTENZA - INESISTENZA DI UN PROGETTO E COMUNQUE MANCATA ESECUZIONE DELLO STESSO: CONVERSIONE DEL RAPPORTO IN ORDINARIO RAPPORTO SUBORDINATO. - NULLITA’ DEL TERMINE APPOSTO AL CONTRATTO


Art. 1 D. Lgs. 368/ 2001

Art. 69 D. Lgs. 276/2003

 

Con ricorso ex art. 414 c.p.c. la signora Alessandra B. esponeva a) di aver stipulato con la Serenissima Ristorazione Spa due contratti a progetto, il primo dal 26.4.2004 al 31.12.2004 e il secondo dal 1.1.2005 al 30.6.2005, per il quale era stato previsto un compenso mensile di Euro 1.761,00; b) di aver quindi stipulato con la stessa società un nuovo contratto, in questa occasione a termine e con decorrenza dal 1.7.2005 al 31.12.2005, per il quale invece era stata previsto una mensile di Euro 1.413,31; c) di aver sempre effettuato – a dispetto dei formali inquadramenti dei rapporti che si erano succeduti con la società datrice – ordinaria attività impiegatizia e contabile di tipo subordinato relativa alla gestione amministrativa dei bar e delle mense della Serenissima presenti su Bologna, svolgendo la propria prestazione di lavoro senza alcuna correlazione con progetti specifici, programmi o esigenze temporanee; d) di aver sempre svolto la medesima attività, con le medesime modalità operative, essendo assegnata alle medesime mansioni e con il medesimo inquadramento. 

La lavoratrice conveniva pertanto la Serenissima per chiedere: che venisse riconosciuta la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato dal 26.4.2004 al 31.12.2005, la nullità del termine apposto al contratto con decorrenza 1.7.2005 con la conseguente riammissione in servizio come impiegata di 4° livello del CCNL applicato dalla convenuta e assegnazione alle mansioni precedentemente svolte; la condanna della società al risarcimento del danno commisurato alle mensilità perdute dalla cessazione del contratto a termine fino alla data dell’effettivo ripristino del rapporto di lavoro;  il pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito e quanto di diritto. In subordine, e rispetto alla richiesta di riammissione in servizio, la lavoratrice chiedeva la condanna della convenuta al pagamento della indennità sostitutiva del preavviso.

Costituendosi la convenuta Serenissima Ristorazione Spa chiedeva, in via preliminare, che venisse dichiarata la nullità del ricorso per omessa indicazione del CCNL applicato e applicabile. All’esito dell’istruttoria il Tribunale decideva la causa, rilevando, in primis, l’infondatezza della eccezione di nullità del ricorso per mancata indicazione da parte della ricorrente del contratto collettivo, ribadendo che la nullità del ricorso ex art. 414 c.p.c. poteva derivarsi solo dalla omissione o dalla totale incertezza del petitum, sotto il profilo sostanziale e processuale, nel senso che non ne sia possibile l’individuazione, attraverso l’esame complessivo dell’atto, rinviando sul punto alla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis, Cass. 8839/02, Cass. 4889/02, Cass. 4296/98).

Il Giudice precisa che la eventuale mancata indicazione del contratto collettivo nel ricorso introduttivo di una causa di lavoro - con il quale, sulla base della asserita prestazione di lavoro subordinato, fossero stati chiesti conguagli retributivi - non avrebbe potuto incidere sulla determinazione dell'oggetto della domanda e non comporta quindi la nullità del ricorso. (Cfr. Cass., Sez. un., n. 3105/85; Cass. 818/89 n. 818; Cass. n. 4889/02).

Il Tribunale  evidenzia che la società convenuta non aveva neppure prospettato quale incidenza aveva avuto sull'esercizio del suo diritto di difesa la mancata indicazione del contratto collettivo applicabile, considerando peraltro che la società convenuta aveva ampiamente argomentato su tutte le questioni poste dalla ricorrente, così compiutamente esercitando il suo diritto di difesa: di qui l’impossibilità di dichiarare la nullità del ricorso introduttivo essendosi ritualmente instauratosi il contraddittorio, in senso formale e sostanziale, e, cioè, avendo raggiunto il detto ricorso lo scopo cui era preordinato.

Quanto alle questioni di merito, il Giudice dichiara la nullità dell'apposizione del termine al contratto stipulato in data 1 luglio 2005, in quanto privo delle indicazioni di cui all'art. 1, comma 1, del d. legs. n. 368 del 2001. In particolare, il Tribunale evidenzia che l’introduzione della c.d. causale generale o causale aperta da parte della citata norma, rappresentando una radicale innovazione rispetto alla disciplina previdente e valorizzando la volontà delle parti contraenti nella concreta identificazione, volta per volta, di una di tali ragioni giustificanti l'apposizione del termine – impone tuttavia la espressa specificazione delle stesse, come da consolidata dottrina e giurisprudenza (cfr., tra le tante, Trib. Milano, 21 giugno 2002, Trib. Roma, 3 febbraio 2005; Trb. Genova, 16 settembre 2005; Trib. Firenze 5 febbraio 2004; App. Milano, 9 dicembre 2003).

Il Giudice rappresenta inoltre la necessità che tale specificazione sia precisa e puntuale, correlata al caso concreto, senza la possibilità di utilizzare clausole di stile o generiche o consistenti nella semplice ripetizione del dettato normativo, in quanto la specificazione dei motivi “è strettamente dipendente al venire meno di una preventiva - a livello legislativo o di contrattazione collettiva - determinazione dei casi in cui era possibile apporre il termine al contratto di lavoro…..” e ciò “… in funzione di quella che risulta essere l'ulteriore ratio di tutela della norma: quella, cioè, di garantire il controllo del lavoratore circa la effettiva esistenza della ragione giustificatrice del termine e quella di garantire il successivo, eventuale controllo giudiziale, con delimitazione del perimetro di tale valutazione”.

Sul punto il Tribunale rinvia alla giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 1576-1577/10, n. 2279/10, n. 10175/10 e n. 10033/10), che ha posto in relazione tale obbligo di specificazione non solo con un principio di effettività, ma anche con la c.d. clausola di non regresso della Direttiva Europea, poiché “una interpretazione dell'obbligo di specificazione tale da non consentire il predetto controllo di effettività delle esistenza delle ragioni giustificatrici della apposizione del termine risulterebbe essere in contrasto con tale clausola di non regresso perché rappresenterebbe un non giustificato arretramento in rapporto al livello generale di tutela applicabile in Italia e finirebbe anche con il rappresentare un eccesso di delega rispetto alla legge n. 422 del